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Quella, per Paperino, doveva essere una giornata come tante.

Sveglia assordante che suonava un’ora troppo presto, doccia gelata perché la caldaia la mattina non funzionava mai, colazione con toast bruciacchiati e bacon carbonizzato, dura lotta con la lavatrice che spargeva ovunque schiuma scivolosa e, per finire, la preparazione delle frittelle per i nipotini con il solito inconveniente di quella che rimaneva appiccicata al soffitto.

Quando i suoi tre nipoti scesero le scale e gli diedero il buongiorno, Paperino aveva già voglia di tornarsene subito a letto.

Ma, guardando l’orologio, si accorse che erano già le sette e mezza, e lui doveva essere al deposito di suo zio Paperone alle otto meno un quarto, per la solita lucidata delle monete.

Volando a prendere la 313, augurò buona giornata ai nipotini e questi commentarono, divertiti: << Zio Paperino ha sempre la testa tra le nuvole, la mattina, oltre a essere stanchissimo. Come se di notte non ronfasse come un orso!>>. E addentarono una morbida frittella, disapprovando lo stile di vita di loro zio. Dopo qualche secondo, sui loro volti comparve un’espressione disgustata: lo zio Paperino aveva messo la paprika al posto dello zucchero!

Paperino, intanto, intrappolato, suo malgrado, nel quotidiano ingorgo mattutino di Paperopoli, ripensava alla notte estenuante appena passata come Paperinik.

Tra fughe e inseguimenti, Paperinik aveva faticato non poco ad arrestare il rapinatore che da qualche settimana affliggeva Paperopoli. Ma alla fine ce l’aveva fatta. Guardandosi un livido sul braccio, che si era procurato in uno scontro faccia a faccia col malfattore, si chiese perché la notte andava a fare l’eroe. Già, perché? Quel nuovo tenente, O’Malley, accettava sempre di malavoglia il suo aiuto. Quanto lo odiava, quel tenente! Con quei minuscoli baffetti neri e il viso affossato nel grasso, sembrava un obeso maiale compiaciuto di irritare il prossimo con la sua mole poderosa e i suoi modi sgarbati.

E il gioielliere derubato, poi? Era infastidito dal fatto di essere stato svegliato in piena notte! Ma scusa tanto, Paperinik doveva chiederti il permesso per arrestare i delinquenti?

E la gente? Gli era grata per la pericolosa missione portata a termine? No, di nuovo no! Si era pesantemente lamentata per la nuova arma preparatagli da Archimede, una pistola che emetteva raggi ghiacciati che aveva gelato per errore un paio di giardini. Un errore che può capitare a tutti, quello di sbagliare mira. Ma no, loro non lo capivano, lo detestavano talmente tanto da lanciargli contro palline da baseball, da tennis e scarpe vecchie.

Uno stivale, inoltre, gli aveva colpito in pieno la testa, facendogli vedere tanti uccellini svolazzanti.

Insomma, quel che era troppo, era troppo, e Paperinik non si sarebbe più fatto vedere per un pezzo se era questo che volevano.

PEEW!!![]

Paperino sobbalzò nella 313. Un grosso camion, dietro di lui, gli aveva appena suonato. <<Ehi, papero, non ci vedi? Non c’è più nessuno davanti! Che aspetti a muoverti?>> gli gridò l’autista del camion, un minaccioso individuo dal volto rincagnato. Quel tizio gli ricordava in qualche modo O’Malley. Gli stava antipatico. Non si sarebbe spostato. <<Non ho alcuna fretta. Se vuole andare avanti, là a destra c’è una scorciatoia, quel vicolo laggiù.>>. Era una risposta ironica, ovviamente. In quel vicolo avrebbe fatto fatica a passare la sua 313.

PEEW!!![]

Paperino si sentiva la testa girare. Se non era forte, quel clacson! <<Ehi, nanerottolo, non ci senti oltre a non vederci? SMAMMA!>>. Paperino non cercava grane, ed era troppo stanco e frastornato per replicare. <<Va bene, signore, me ne vado.>> disse pacatamente, per poi premere sul pedale dell’acceleratore e scomparire dalla visuale del camionista. Dopo parecchi metri, Paperino smise di correre e procedette tranquillamente. Ormai era al deposito. Sbuffò, annoiato. Ora lo aspettava la solita strigliata da parte di zio Paperone per via del suo solito, lieve, ritardo. E poi a lucidar monete. Che razza di vita gli toccava fare, a lui, il nipote del papero più ricco del mondo!

Sfregando un doblone con un consunto straccio, Paperino si convinse di essere il nipote del papero più avaro del mondo. Poco prima, era entrato un piazzista che voleva vendere un prodotto per lucidare le monete. Paperino aveva guardato grato quell’uomo che l’avrebbe aiutato nel suo modesto lavoro. Ma zio Paperone, sospettoso per natura, ne aveva domandato, truce, il prezzo. Alla risposta <<5 dollari>> aveva dato in escandescenze, sbattendo la porta in faccia a quello che, per Paperino, sarebbe stato un valido aiuto. E ora strofinava con rabbia quelle piccole ma numerosissime monete che lo dannavano. A un tratto, tutta la rabbia provocatogli dall’episodio precedente, sfociò in un forte sentimento di ribellione.

Si alzò in piedi facendo cadere a terra la moneta che stava lucidando, che tintinnò sul pavimento, richiamando l’attenzione di Paperone. Con un balzo, questi la raccolse subito, e poi guardò interrogativamente Paperino. <<Cosa c’è, nipote? Perché non lucidi? >> Paperino digrignò i denti e ruggì:<< Perché sono stufo di farti da schiavo. Pure quel misero aiuto da cinque dollari mi hai negato. Alle piume delle tue piume! Ma ora basta, te lo scordi che lucido le tue monete!>>

Lo zio gli si avvicinò. Ora si fissavano negli occhi. Paperino vedeva degli occhi coperti dalle lenti del pince-nez e contornati da poche rughe, determinati, severi, anche se in alcune delle loro tante avventure, quegli occhi si erano leggermente addolciti. Paperone vedeva degli occhi che di solito erano divertiti o frivolamente seccati, ma ora vi leggeva un’intensa rabbia che non emergeva da lungo tempo.

<<E tu vorresti negare aiuto al tuo vecchio, povero zio?>> mormorò irato Paperone, senza arretrare di un passo.

<<Smettila, zione! Sarai vecchio, ma non certo povero. E comunque, sì, non voglio più aiutarti.>> sibilò Paperino, con un qualche orgoglio che stava nascosto da troppo tempo.

Paperone sorrise, e prese dalla scrivania una certa, famosa lista. <<Carta canta, nipotuccio caro, e qui sono segnati alcuni soldi che mi devi, e, be’, la lista è lunga!>>

Paperino aveva un’espressione sprezzante. <<Non m’importa più nulla della TUA famosa lista dei MIEI debiti. Sai benissimo che non potrei mai ripagarti! Nemmeno lavorando giorno e notte per vent’anni! E sai che ti dico? Che me ne infischio! Ciao, zio Paperone.>>

Paperino uscì sbattendo la porta e Paperone rimase, sorpreso, tra le sue opache monete. Che era successo al suo irascibile, ma tuttavia abbastanza sottomesso, nipote? Da dove aveva tirato fuori quella grinta che da anni non possedeva più?

Paperino uscì dal deposito senza nemmeno notare la presenza di Miss Paperett e Battista che lo osservavano perplessi. Presa la 313 e arrivato in strada, Paperino ripensò furiosamente a tutti i lavori estenuanti e assolutamente gratuiti fatti allo zio Paperone. Non ne poteva più, era stato sfruttato anche troppo.

Era sempre stato usato, e senza nessuna rivincita. No, non era esatto, una rivincita l’aveva avuta, con il furto del materasso di suo zio Paperone mentre questi vi stava dormendo. Che impresa, quella! E non era mai stato scoperto, la colpa l’aveva fatta ricadere su Gastone!

Già, sul suo odioso cugino fortunato Gastone, che solo qualche giorno prima gli aveva giocato un altro dei suoi sporchi tiri.

Dopo aver, ovviamente, vinto alla lotteria di Paperopoli, aveva suonato a casa di Paperina, dove era ospite Paperino. Paperina aveva aperto la porta e Gastone le aveva allungato un anello con un enorme smeraldo splendente. Sentendo degli strani movimenti all'uscio, Paperino era arrivato immediatamente, per cogliere sul fatto l'insidioso cugino.

Dopo averlo preso a cuscinate in faccia e aver cercato di cacciarlo in tutti i modi, Paperina era giunta a cercar di chetare il fidanzato e aveva invitato Gastone ad andarsene, per il momento. Una volta rimasti soli, Paperina chiese al fidanzato di essere meno irruento, ma Paperino era troppo infuriato per sentirla.

<<Gastone ha esagerato, lo ammetto, ma tu, Paperino, non potresti regalarmi un gioiello, una volta tanto? Le mie amiche ne hanno a vagonate, mentre io, solo bigiotteria!>>

Paperino, cupo in volto, si era girato a guardarla:<<Paperina, dove potrei trovare i soldi per comprarti qualcosa?>>

<<Lavorando e risparmiando, no? Prima o poi qualcosa riusciresti a racimolare!>>

<<Lavorando, già. E come? Lo zione non mi paga mai, e cosa potrei fare di altro? Non mi piace nessun mestiere!>>

<<Oh sì, oltre a pisolare i tuoi interessi non sono molti.>>

Avevano continuato a discutere per  tutta la notte, senza cavare un ragno dal buco.

Ripensando a Gastone, si sentì ribollire il sangue nelle vene. Lui era la causa dei suoi problemi sentimentali, delle sue invidie, delle sgridate subite, di tutto ciò che lo tormentava. Quanto odiava, il cugino Gastone! 

All'improvviso, Paperino si fermò. Finora, era sempre andato dritto, ma ora era giunto a un bivio. Da una parte si andava per Ocopoli e l'altra via, più dimessa, portava a Villa Rosa. Colto da un'improvvisa folgorazione, Paperino svoltò per Villa Rosa. Da quel momento, aveva deciso, il Mascherato Vendicatore sarebbe tornato per aggiustare i torti subiti dal povero Paperino, avrebbe angariato Paperon de' Paperoni, Gastone, il tenente O'Malley, nessuno sarebbe scampato alla sua vendetta! Paperino, intravedendo i ruderi di Villa Rosa, incominciò a ridacchiare. Nemici di Paperino, ultimo avvertimento! Il Vendicatore Mascherato è tornato!

Paperinik 0003
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